IL CASO MICHELE SINDONA

By Maggio 21, 2021economia-finanza

IL CASO MICHELE SINDONA

Un altro case history considerato di cruciale importanza e che funge da monito per i tragici risvolti che racconta, è il caso di Michele Sindona, noto finanziere internazionale diventato poi celebre come truffatore e criminale: un uomo ritenuto responsabile di un disastro che, 12 anni dopo, è stato considerato (e probabilmente rimane tuttora) il più grande crollo bancario nella storia degli Stati Uniti. Sindona è morto quattro giorni dopo essere stato condannato all’ergastolo da un tribunale di Milano per aver commissionato l'assassinio, nel 1979, dell'avvocato nominato allo scopo di liquidare le sue banche italiane fallite.

Nato in una piccola cittadina della Sicilia, Sindona si elevò presto come abile uomo di affari e la sua caduta è diventata uno dei più grandi scandali finanziari del mondo. Poche persone avevano sentito parlare di lui prima che il suo “ombroso impero”, che si estendeva per tutto l'oceano, crollasse nel 1974. A quel tempo, le perdite imputate alle sue pratiche bancarie si aggiravano sulle centinaia di milioni di dollari, e le vittime affollavano i tribunali da Roma a Long Island.

Prima di tutto questo, Michele Sindona serviva come consigliere finanziario del Vaticano ed era salutato dai funzionari del governo italiano come il "salvatore della lira". Quando divenne chiaro che lavorava a braccetto con la mafia italiana e americana, un pubblico ministero italiano lo denunciò come uno dei "più pericolosi elementi criminali della società italiana". Così, quando il vero temperamento di Sindona fu messo a nudo, questi dovette affrontare accuse di frode negli Stati Uniti, così come accuse di frode e più tardi di cospirazione per omicidio in Italia. Si difese reclutando le sue coorti mafiose per eliminare chiunque lo minacciasse. Sindona reclutò anche dei sicari per far uccidere un liquidatore nominato dal governo della sua banca a Milano. L'uomo fu effettivamente assassinato.

Un complotto di omicidio negli Stati Uniti ebbe meno successo. Sindona cercò un sicario per uccidere l'assistente procuratore John Kenney, che stava seguendo un caso contro di lui. Il sicario, Luigi Ronsisvalle, si era precedentemente già occupato di qualche altro "lavoro sporco" per il finanziere. Sindona voleva che mettesse eroina o cocaina sul corpo di Kenney per far sembrare l'omicidio legato alla droga.

Pur essendo un abile assassino da “contratto”, Ronsisvalle si oppose, dicendo: "Stai parlando di qualcosa di grosso". Ronsisvalle non era considerato un uomo intelligente, ma sapeva che la mafia americana non vedeva di buon occhio l'uccisione di procuratori; infatti la mafia aveva l'abitudine, come nel caso del complotto di Dutch Schultz per far assassinare il procuratore Tom Dewey, di colpire chiunque osasse sconvolgere lo status quo in quel modo. Sindona continuò il complotto con altri, ma alla fine si tirò indietro quando uno degli intermediari che organizzavano il presunto omicidio menzionò incautamente il nome di Sindona su un telefono che il banchiere temeva potesse essere intercettato. Sindona fu condannato per i suoi crimini americani e condannato a 25 anni. Le autorità americane lo hanno poi spedito in Italia dove è stato condannato per i suoi crimini e condannato all'ergastolo.

Poco dopo la sua condanna, l’ormai sessantacinquenne Sindona bevve una tazza fatale di caffè avvelenato nella sua cella. Il caffè nella sua tazza era stato corretto con del cianuro. Si accasciò a terra e gridò: "Mi hanno avvelenato". Tuttavia, dalle autorità in seguito fu dichiarato che Sindona si era suicidato. Al momento della sua morte, Sindona aveva una condanna di 25 anni per frode negli Stati Uniti, inflittagli nel giugno 1980 per il suo ruolo determinante nel fallimento nel 1974 della Franklin National Bank. Il fallimento di questa banca causò, a sua volta, vaste perdite economiche a diverse altre banche negli Stati Uniti e in Europa.


 

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