Nel caso di investimenti che contemplano un apporto di capitale finanziario erogato dal finanziatore presso un’azienda, si riscontra talvolta la necessità di ricorrere a clausole contrattuali definite covenants. Il termine deriva dal francese antico “covenant” e strizza etimologicamente l’occhio al concetto di convenzione, promessa. I covenants infatti non sono altro che delle clausole stabilite ex-ante che però regolano scenari ipotetici che possono verificarsi ex-post la stipula del contratto e intervengono, come argine o come incentivo, nella prosecuzione del rapporto fra le parti, in base all’avvenimento di determinati accadimenti. Il contratto, che viene generalmente osservato come un punto di riferimento fisso e marmoreo, può quindi mutare, perché le stipule stesse lo prevedono, consentendo al finanziatore la possibilità di effettuare delle modifiche sulle condizioni che regolano il finanziamento. Circa il beneficio o meno che si può trarre dall’inserimento di queste specifiche, la letteratura economica si divide, poiché cruciale è la prospettiva d’osservazione del fenomeno. Da un lato manca una regolamentazione contrattuale standard che sia effettivamente in grado di proteggere adeguatamente chi apporta i fondi da situazioni che, di per sé, non sono di facile previsione, visto che richiedono uno studio accurato e personalizzato, e di conseguenza l’investitore si trova scoperto e senza un paracadute di protezione. Dall’altro lato, tuttavia, un’altra prospettiva potrebbe suggerire che solo il socio industriale ha effettivamente a cuore lo sviluppo dell’azienda ed è disposto a correre dei rischi che, invece, il partner finanziario rifiuta, essendo esterno alla compagine societaria e decisamente meno coinvolto nelle scelte di gestione che vengono attuate quotidianamente in azienda. Un punto di incontro potrebbe essere raggiunto proprio nel mezzo: il creditore, essendo meno emotivamente coinvolto, ha talvolta la capacità di effettuare delle scelte scomode che, in casi in cui si assista alla verifica di performance deludenti, potrebbero rivelarsi l’elemento in grado di tenere in piedi tutta quanta la struttura. Al contrario è giusto che la spinta propulsiva resti nelle mani del socio industriale quando i tempi sono favorevoli: la creatività e l’assunzione del rischio sono fondamentali per consentire alla società di ottenere un salto di qualità non indifferente. L’utilizzo dei covenants può anche risultare un sistema che argina fenomeni di opportunismo personale che tendono a verificarsi quando non c’è controllo della gestione manageriale, ove il manager tende a favorire i propri benefici personali a scapito del valore del debito. Le macrofamiglie di riferimento possono essere riconducibili a tre tipologie di covenants principali, ovvero positive covenants che obbligano a fare qualcosa, negative che impediscono di fare qualcosa e i financial covenants. Fermo restando che queste clausole entrano appunto solo in vigore “in extremis”, ovvero in situazioni eccezionali, sia con accezione positiva che negativa, si possono distinguere diverse tipologie di covenants. Eccone alcune a titolo esemplificativo: -Financial covenants. Sono clausole che intervengono nel caso in cui l’azienda non riesca a restare entro parametri economico-finanziari pattuiti in precedenza e rendono possibile la ridefinizione delle condizioni del prestito. -Covenants informativi, che integrano gli obblighi standard di comunicazione, rendendoli più capillari. -Covenants restrittivi che limitano il potere del debitore di prendere decisioni come la contrazione di nuovi debiti o la possibilità di effettuare taluni investimenti, per limitare il rischio che ciò comporta. -Covenants di default che possono intervenire sulle condizioni del prestito sino anche alla riscossione anticipata del credito in caso di casistiche particolari, come la presenza di istanze di fallimento. Essendo clausole specifiche che intervengono in casi-limite, ne deriva l’importanza dello studio che dev’essere effettuato a monte per poter definire con cura e criterio quali siano i parametri di cui tener conto, che non possono assolutamente essere standard proprio perché intervengono in scenari “atipici”, e che vanno personalizzati capillarmente caso per caso, in modo tale da fornire la soluzione più adatta che garantisca un problem solving che sia il più efficiente possibile e tuteli sia la parte debitrice che quella creditrice.
 

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