Qualora un’azienda si trovasse nel bisogno di ottenere un finanziamento, sarebbe la banca il primo istituto di credito a cui penserebbe di rivolgersi. Ma quali sono le alternative a disposizione nel mondo finanziario ad oggi?
A causa della sempre maggiore richiesta di fondi da parte delle società e della conseguente minore disponibilità bancaria nell’erogazione, il Governo italiano ha acconsentito ad una serie di cambi legislativi perché fosse più semplice poter garantire del credito.
In questo modo, nel panorama delle erogazioni si sono immessi anche i fondi, diversamente sottoposti a legislazione a seconda della provenienza italiana o estera.
Le regolamentazioni affinché si possa far parte dello scenario sono tuttavia piuttosto stringenti per i fondi italiani e non tutti i fondi comuni possono parteciparci, bensì solo i “fondi di investimento alternativi (FIA) chiusi, riservati o meno ad investitori qualificati”, a ciò si aggiunge anche una necessaria diversificazione degli investimenti, in modo tale da consentire una più corretta gestione del portafogli, limitando a una quota pari al 10% l’erogazione consentita verso uno stesso ente. Un altro paletto nella gestione dell’operazione consiste nel fatto che il finanziamento non può eccedere la durata del fondo stesso; questo un chiaro provvedimento volto alla tutela dei quotisti del fondo che, al suo termine, ricevono indietro il denaro investito e i proventi delle differenti operazioni, evitando che si crei uno squilibrio nel processo di ridistribuzione del denaro. È inoltre richiesta la partecipazione dei fondi alla Centrale dei Rischi, in modo da garantire estrema trasparenza sulla posizione debitoria di quanti vengono coinvolti.
La normativa non è, tuttavia, altrettanto chiara quando si parla di fondi con sede all’estero. Ci sarebbero più norme di riferimento, non di facile consultazione, che, per via dell’estrema dispersività e opacità, potrebbero inibire le intenzioni di investimento da parte di un fondo non italiano. Si sente quindi la mancanza di una normativa esplicita.
Il fatto stesso di essersi mossi in questa direzione a livello legislativo e procedurale per ciò che concerne la disponibilità di erogazione del credito consente anche alle aziende stesse di arginare e non incrementare un fenomeno potenzialmente pericoloso come quello dello shadow banking system, e quindi il ricorso a soggetti che non sono strettamente qualificati come professionisti della finanza o intermediari bancari, ma dispongono in qualche modo delle risorse sufficienti per effettuare un’operazione del genere, senza però garantire quella messa in sicurezza necessaria sia per la parte richiedente che per la parte creditrice.
Altre alternative di finanziamento per le aziende potrebbero essere rinvenute nell’emissione di obbligazioni corporate, che vengono sottoscritte da investitori quali ad esempio fondi di private debt, e in corrispondenza del credito ricevuto vengono emesse delle cedole periodiche, stimate sulla base di rischio d’impresa che deriva dalla società che le emette.
Altre possibilità sono da ravvisare nelle obbligazioni convertibili, oppure in strumenti ibridi che ricordano delle obbligazioni in cui chi emette il credito acquisisce il diritto di partecipazione agli utili, ma senza entrare nella compagine societaria.
Un’altra metodologia che sta prendendo piede in Italia è quella invece del crowlending, in cui, attraverso delle piattaforme online, le aziende vengono messe in contatto con diversi enti creditori (da fondi a persone fisiche private) che con rapidità di risposta riescono e istituire diverse pratiche. Stessa cosa per quanto concerne l’invoice trading, sistema attraverso il cui la società beneficia del pagamento anticipato di alcune fatture.
Il sistema del credito sta dunque subendo una costante evoluzione, in accordo alle crescenti esigenze sia dei creditori che dei finanziatori, andando a modellare un sistema in costante mutamento.