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Settembre 2021

ALCOOLICI A DOMICILIO CON PIATTAFORMA ONLINE

By | economia-finanza | No Comments

Alcolici a domicilio con piattaforma online: bernabei, tannico, vinando, winelivery, amazon, ubereats, vino75, trovino, vivino, diemmevini, vinix, wineowine, wine is terroir, cosaporto, wineshop, eataly, king of the night, roma drink delivery, tutta la GDO.

Vantaggi: niente file al supermercato, selezione ampia, scontistica, direttamente a casa, trend del delivery instaurato nel 2020, raggiungimento di un target più giovane, visibilità per cantine più di nicchia 

Svantaggi: costi di consegna, aree coperte a livello cittadino e nazionale, tempi di consegna

Le piattaforme possono essere online o con app

I consorzi di garanzia sono di supporto alla richiesta di finanziamenti, ci si iscrive e dopo una valutazione generalmente il consorzio si pone come garante per il 50% della somma erogata dalla banca, che deve ovviamente essere convenzionata con il consorzio. I consorzi sono regolati dalla banca d’italia e devono essere iscritti all’albo dei CONFIDI. I tassi di credito sono generalmente agevolati. Lo svantaggio di aderire ad un consorzio è che questo presenta generalmente dei costi di iscrizione (una quota associativa; un quota per il fondo gestioni -Il fondo gestioni è un fondo destinato alla funzionalità gestionale del consorzio-; una quota destinata al fondo rischi -il fondo rischi è un fondo che il consorzio costituisce presso ogni banca convenzionata per garantire le operazioni di credito effettuate dalla banca; tale fondo non è nella disponibilità del consorzio e la quota versata da ogni singolo associato viene normalmente restituita quando quest’ultimo abbandona il consorzio-).

Vini ad aste: piattaforme disponibili:

  • Bidoo: piattaforma generica di aste con sezione vini
  • idealwine: piattaforma utile per le cantine, con un discreto numero di iscritti, si occupa di vini da collezione o di alta fascia
  • catawiki: sito generico di aste, ora presenta anche la sezione vini e (alcuni) distillati, molto noto per le aste online
  • pandolfini: vini e whisky da collezione (prossime date a ottobre e novembre)

le aste non hanno subito un arresto durante il periodo pandemia ma solo un rallentamento nei tempi di consegna, si sono trasferite su piattaforme online (già c’era la possibilità di ricevere delle offerte telefoniche).

OPERAZIONI DI PRIVATE EQUITY

By | economia-finanza | No Comments
Come precedentemente visto affrontando la tematica del socio temporaneo, che differisce in modo sostanziale dal ruolo dell’investitore in società chiuse (a cui invece preme particolarmente la crescita aziendale perché corrisponde a una rispettiva crescita dei suoi guadagni), esistono investitori che si occupano specialmente di operazioni di private equity, in cui vengono previsti degli obiettivi da raggiungere e che sono caratterizzate dal disinvestimento imminente a medio-breve termine, generalmente riassumibile nella durata di 5 anni circa. Si capisce dunque l’importanza essenziale della possibilità di disinvestimento, che obbliga l’adozione, nel momento in cui vengano costituiti statuti o atti, dell’inserimento di clausole specifiche che lo riguardano, in modo da garantire all’investitore e all’imprenditore la cosiddetta way out. Questa viene garantita ricorrendo all’uso di alcuni strumenti come il riacquisto, da parte dell’azionista di maggioranza, della quota partecipativa, oppure attraverso la cessione dell’intero corrispettivo del capitale sociale a terzi, oppure quotando in borsa l’investimento. Sono ovviamente diversificate le possibilità di uscita da un investimento, e non sempre la stessa è totale, bensì talvolta si può ricorrere a disinvestimenti parziali, in cui l’investitore cede solo una parte delle quote azionarie di cui dispone. Allo stesso modo in cui sono presenti delle clausole di way out, similmente talvolta, per la buona riuscita di un investimento, si ricorre alla creazione di clausole di lock up, ovvero che impediscano ad alcuni soci (con un know how specifico o soci di maggioranza) di cedere le proprie quote per un periodo di tempo ben definito. Questo vincolo di mancata fuori uscita si sofferma generalmente sul raggiungimento di alcuni obiettivi, sia qualitativi che quantitativi, previsti nel business plan. Nel momento in cui si crea una situazione di collaborazione col management vanno di conseguenza definiti accordi che ne descrivano le modalità e i vincoli, esposti generalmente in una scrittura privata tra le parti. Possono essere accordi che incentivano la partecipazione consistente del manager, con obiettivi “a provvigione” in base ai risultati che vengono ottenuti, ad esempio l’attribuzione di un maggior numero di quote al corrispettivo della medesima somma di denaro se questi obiettivi vengono raggiunti. Qualora vengano quindi fissati degli obiettivi e questi vengano raggiunti (o contrariamente non si riescano a realizzare), il prezzo di cessione potrebbe essere difficile da valutare e bisogna quindi ricorrere a un accordo conciliativo che metta entrambe le parti in condizione di proseguire con l’operazione. Queste eventualità vengono comunque affrontate in uno stadio iniziale di negoziazione, perché l’elemento di potenziale rottura fra investitore e imprenditore potrebbe avvenire proprio in questa fase preliminare, atta anche ad evitare successive divergenze di idee, le incognite vengono quindi discusse prima. Ci sono diverse variabili che possono inoltre condizionare la modalità di cessione, e riguardano i soggetti destinatari delle quote; possono essere quindi create delle clausole di prelazione dove si vincola l’investitore alla cessione interna con prelazione su quella a terzi, clausole di drag along in cui qualora il socio di maggioranza riceva una offerta da un terzo, viene necessariamente coinvolto un ulteriore socio nella cessione delle quote (mantenendo le condizioni di acquisto), oppure clausole di tag along in cui qualora un socio ceda la propria quota a un terzo, deve garantire che questo soggetto compri anche la quota di un altro socio. Qualora la vendita resti interna e non rivolta a terzi, si andranno a definire le cosiddette opzioni put, che prevedono delle conditio sine qua non grazie alle quali la vendita si struttura in una precisa modalità definita da un accordo.
 

CALCOLO DEL RAPPORTO TRA PFN E EBITDA

By | economia-finanza | No Comments
Per intervenire nel piano di risanamento di un’azienda o semplicemente per meglio discernere qualora sia conveniente o meno fare un investimento, potrebbe essere utile dotarsi di uno strumento quale quello del calcolo del rapporto fra PFN ed EBITDA. Per PFN si intende la Posizione Finanziaria Netta ovvero la somma dei debiti finanziari meno quella della liquidità. Per EBITDA (lett. Earnings before interests, taxes, depreciation and ammortization) si intende il margine operativo che deriva dai ricavi meno i consumi, i costi fissi e variabili, quelli generali e quelli amministrativi. E il rapporto fra i due valori consente di effettuare una stima degli anni necessari all’azienda per ripagare i debiti finanziari, determinando, di conseguenza, la minore o maggiore “appetibilità” della stessa presa in questione. Tuttavia i parametri che vengono impostati e presi in considerazione per effettuare questo calcolo possono essere differenti, a seconda per esempio della diversa origine dei debiti finanziari, cosa viene o meno considerato come ricavo, e via dicendo, e in questo modo si ottengono risultati differenti anche per la medesima azienda. È la competenza e l’esperienza del professionista che si interfaccia a questi valori a determinare la differenza di interpretazione di questi dati, in modo che possa scegliere su quale società puntare. Stando ad una ricerca effettuata da Leanus, azienda leader che fornisce dati di valutazione e analisi di imprese, fatta a campione su un ventaglio di diverse società prese in esame è emerso come diversi score simili ottenuti da aziende molto diverse fra loro indicassero imprese “star”, ovvero le eccellenze, imprese “runners”, ovvero quelle con margine di crescita ma a rischio elevato, imprese “stuck”, sia con rischio elevato che basso margine di ricavi, e imprese “stable”, con un basso profilo di rischio, ma anche basso profilo di crescita. Ne consegue quindi che diversi sarebbero i soggetti interessati alle differenti tipologie di imprese qui prospettate, proprio perché alcuni preferiscono puntare su un’azienda innovativa ma con un rischio maggiore, o viceversa, puntare su qualcosa di più stabile e sicuro. L’ottima qualità di sintesi di questi strumenti diventa dunque pericolo potenziale nel momento in cui lo stesso valore può andare ad indicare situazioni tanto differenti l’una dall’altra, quindi ancora una volta il dato raccolto va inserito in un contesto d’analisi personale, in un’ottica di interpretazione esperta, da qualcuno che abbia le competenze necessarie per sfruttare una conoscenza di questo tipo, senza che essa possa risultare fuorviante o possa portare, nella peggiore delle ipotesi, ad effettuare un cattivo investimento..
 

ALTERNATIVE FINANZIARIE

By | economia-finanza | No Comments

Qualora un’azienda si trovasse nel bisogno di ottenere un finanziamento, sarebbe la banca il primo istituto di credito a cui penserebbe di rivolgersi. Ma quali sono le alternative a disposizione nel mondo finanziario ad oggi?
A causa della sempre maggiore richiesta di fondi da parte delle società e della conseguente minore disponibilità bancaria nell’erogazione, il Governo italiano ha acconsentito ad una serie di cambi legislativi perché fosse più semplice poter garantire del credito.
In questo modo, nel panorama delle erogazioni si sono immessi anche i fondi, diversamente sottoposti a legislazione a seconda della provenienza italiana o estera.

Le regolamentazioni affinché si possa far parte dello scenario sono tuttavia piuttosto stringenti per i fondi italiani e non tutti i fondi comuni possono parteciparci, bensì solo i “fondi di investimento alternativi (FIA) chiusi, riservati o meno ad investitori qualificati”, a ciò si aggiunge anche una necessaria diversificazione degli investimenti, in modo tale da consentire una più corretta gestione del portafogli, limitando a una quota pari al 10% l’erogazione consentita verso uno stesso ente. Un altro paletto nella gestione dell’operazione consiste nel fatto che il finanziamento non può eccedere la durata del fondo stesso; questo un chiaro provvedimento volto alla tutela dei quotisti del fondo che, al suo termine, ricevono indietro il denaro investito e i proventi delle differenti operazioni, evitando che si crei uno squilibrio nel processo di ridistribuzione del denaro. È inoltre richiesta la partecipazione dei fondi alla Centrale dei Rischi, in modo da garantire estrema trasparenza sulla posizione debitoria di quanti vengono coinvolti.

La normativa non è, tuttavia, altrettanto chiara quando si parla di fondi con sede all’estero. Ci sarebbero più norme di riferimento, non di facile consultazione, che, per via dell’estrema dispersività e opacità, potrebbero inibire le intenzioni di investimento da parte di un fondo non italiano. Si sente quindi la mancanza di una normativa esplicita.

Il fatto stesso di essersi mossi in questa direzione a livello legislativo e procedurale per ciò che concerne la disponibilità di erogazione del credito consente anche alle aziende stesse di arginare e non incrementare un fenomeno potenzialmente pericoloso come quello dello shadow banking system, e quindi il ricorso a soggetti che non sono strettamente qualificati come professionisti della finanza o intermediari bancari, ma dispongono in qualche modo delle risorse sufficienti per effettuare un’operazione del genere, senza però garantire quella messa in sicurezza necessaria sia per la parte richiedente che per la parte creditrice.

Altre alternative di finanziamento per le aziende potrebbero essere rinvenute nell’emissione di obbligazioni corporate, che vengono sottoscritte da investitori quali ad esempio fondi di private debt, e in corrispondenza del credito ricevuto vengono emesse delle cedole periodiche, stimate sulla base di rischio d’impresa che deriva dalla società che le emette.

Altre possibilità sono da ravvisare nelle obbligazioni convertibili, oppure in strumenti ibridi che ricordano delle obbligazioni in cui chi emette il credito acquisisce il diritto di partecipazione agli utili, ma senza entrare nella compagine societaria.

Un’altra metodologia che sta prendendo piede in Italia è quella invece del crowlending, in cui, attraverso delle piattaforme online, le aziende vengono messe in contatto con diversi enti creditori (da fondi a persone fisiche private) che con rapidità di risposta riescono e istituire diverse pratiche. Stessa cosa per quanto concerne l’invoice trading, sistema attraverso il cui la società beneficia del pagamento anticipato di alcune fatture.

Il sistema del credito sta dunque subendo una costante evoluzione, in accordo alle crescenti esigenze sia dei creditori che dei finanziatori, andando a modellare un sistema in costante mutamento.