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Agosto 2021

LA TESORERIA AZIENDALE

By | economia-finanza | No Comments

In questi ultimi anni abbiamo assistito a una diversificazione e sviluppo sempre crescente delle aziende, alla creazione di un mercato sempre più globale e, per definizione stessa, sempre più competitivo.
Un elemento, questo, che ha determinato la necessità di una maggiore consapevolezza e strutturazione all’interno della compagine societaria, affinché il business resti in gioco.

Da qui abbiamo anche assistito all’insorgenza di un maggiore controllo finanziario e piani di intervento, non più affidati alle abilità personali imprenditoriali, bensì a un reparto specializzato e diversificato, soprattutto in seguito alla stipula dell’accordo di Basilea 2.

L’accordo, poiché riguardante l’implemento della sicurezza del sistema bancario ha significato un radicale cambiamento sulle valutazioni da effettuare in caso di cessione di credito.
La valutazione sarà conseguentemente basata su informazioni di tipo quantitativo (con un occhio attento sia allo storico dell’ente che, soprattutto, alla prospettiva di rischio per i mesi successivi alla valutazione), qualitativo e relazionali (va da sé che una buona reputazione bancaria e di solvenza in generale avrà un certo peso nell’assegnazione del rating) il tutto inserito in un quadro di risorse finanziarie limitate.

Emerge dunque la stringente necessità di elaborare diversi piani di intervento e valutazione, che siano a medio/lungo periodo, breve periodo, annuali e di cassa.
Dal business plan quinquennale, allo scadenzario di incasso e pagamento di fornitori e clienti che va tenuto e aggiornato meticolosamente e mensilmente, entrambi esempi di strumenti prospettici utili a prevedere e arginare emorragie finanziarie.

Elemento che coadiuva ad una più accurata previsione di tesoreria è la raccolta di informazioni circa le entrate e le uscite. Le prime possono essere a loro volta tipiche, ovvero l’incasso di fatture, atipiche o rettifiche di entrate. Analogo il caso delle uscite, che sono diversificate a seconda della destinazione ultima. Possono articolarsi in pagamenti per forniture, per servizi, per stipendi, tasse eccetera.

Una volta fatta la somma algebrica di entrate e uscite e tenute conto le liquidità necessarie per effettuare investimenti che consentano di restare operativi e competitivi nel mercato, è necessario capire da dove attingere le risorse necessarie per affrontare i costi. Due degli strumenti possono essere la monetizzazione di crediti commerciali futuri oppure lo scoperto di conto corrente.

Questi strumenti di previsione possono fare la differenza fra un business in attivo e uno prossimo al fallimento, specie con i tempi correnti. Si denota dunque l’importanza di investire nella creazione di una divisione di professionisti che possano aiutare i soci e imprenditori al raggiungimento di un equilibrio il più stabile possibile nell’amministrazione delle proprie finanze e nella gestione degli investimenti.    


 

IL SOCIO TEMPORANEO

By | economia-finanza | No Comments

Quando si parla d’investimenti, l’immagine che viene immediatamente agli occhi d’ognuno è quella di un socio vita natural durante, statico, quasi immobile e inamovibile.
È Ezio Tartaglia, nel suo libro, ad offrirci una concisa e brillante spiegazione per ciò che concerne una figura diversa di partner finanziario, ovvero “il socio temporaneo” (Il socio temporaneo - opportunità per le imprese, Aracne editrice, 2014).

Il socio temporaneo generalmente investe nel capitale di rischio di un’impresa e organizza una serie di strategie di way out ponderate e strutturate con l’intento di realizzarsi nell’arco di pochi anni.
Il margine di guadagno dell’operazione sta nella differenza fra il prezzo a cui sono state acquistate le quote azionarie e quello a cui sono state, successivamente, cedute e si parla, in questo caso, di capital gain.

È un concetto sicuramente differente rispetto al consueto ricavo annuo costituente la partecipazione di una società; è un’operazione dinamica che consente al partner finanziario di diversificare le aziende e/o i settori di intervento, e al socio industriale di beneficiare di capitale finanziario senza che venga necessariamente alterato il core dell’azienda.

Se prima la discriminante della competitività e buona riuscita di un’azienda era dettata quasi esclusivamente dalla disponibilità di risorse e macchinari più o meno avanzati, adesso un reparto che necessità costantemente di liquidità è quello della ricerca, dello sviluppo, ma soprattutto di marketing ed informazione, per questo estremamente rilevante è la presenza di un socio finanziario, che creda nel progetto e consenta un rapido sviluppo alle aziende che sono chiamate a confrontarsi con un mercato sempre più competitivo e globale.

Le fasi principali dell’attuarsi di questo tipo di investimento sono, generalmente, cinque:
Una prima fase in cui il partner finanziario trova l’azienda di interesse in cui investire, una seconda in cui questa viene sottoposta a valutazione, una terza in cui si delineano le modalità di intervento, una successiva in cui viene decisa la tipologia del rapporto che intercorrerà fra il socio industriale e quello finanziario, e la fase ultima di disinvestimento.

Il partner finanziario quindi fiuta inizialmente la validità dell’investimento e dell’impresa, ed interviene con una partecipazione nel rischio della stessa, la quale a sua volta beneficia dell’iniezione di capitale finanziario che le consente una crescita più rapida e un abbattimento delle tempistiche previste nei precedenti business plan.

Differenti sono i fattori che rendono appetibile una società agli occhi dell’investitore, ma sono tutti elementi generalmente rivolti verso una consistente coesione di intenti e di core alla base del business, società in cui fondamentali sono la ricerca di mercato e dei validi key people alla base del progetto, considerati asset intangibili ed inalienabili della compagine societaria.

Lo sposalizio fra partner finanziario e partner industriale quindi, prevede che la relazione si interrompa nel corso di pochi anni, comportando un mutuo beneficio conseguente alla stipula dell’accordo.
Il socio industriale ha potuto beneficiare di liquidità che non fosse sottoposta a un tasso di interesse, come succede nel caso di banche e prestiti, ma ha avuto al suo fianco un socio in grado di fornirgli gli strumenti per rendere reale tutto quanto era concernente la visione dell’azienda, mentre il socio industriale ha potuto beneficiare della redditività della corporate vision traendo un guadagno successivo dovuto alla crescita del valore aziendale.

È in questa misura che vengono messe in atto le way out precedentemente menzionate, che possono essere di diverse tipologie.


 

IL CLUB DEAL

By | economia-finanza | No Comments

Armiamoci e…partiamo!
Il vantaggio del club deal

Fare investimenti comporta avere una disponibilità di capitale non indifferente e, come spesso succede, le offerte più appetibili e vantaggiose sono le stesse che richiedono cifre di investimento da capogiro.

Arrendersi e tirarsi indietro non è l’unica opzione possibile perché, come un faro nella notte, si apre al ventaglio delle possibilità un nuovo scenario: il club deal.

Il club deal consiste nel riunire un certo numero di investitori, detti anche high net worth individuals, attorno alla stessa tavola rotonda e sotto la direzione di un team di professionisti, tra cui un club deal manager che, come una sorta di direttore d’orchestra, cerca di coordinare i vari portafogli, secondo le esigenze di exit, le capacità d’investimento e il livello d’entusiasmo nei confronti dell’azienda oggetto d’esamine.

Sul tavolo vengono dunque poste in essere diverse operazioni possibili e ognuno può decidere se intervenire o meno e in quale misura.
I benefici sono gli stessi di qualsiasi lavoro in team: l’unione, come sempre, fa la forza. E anche la differenza in questo caso, proprio perché la liquidità non tiene conto delle risorse individuali, bensì consta di diversi affluenti che convergono verso lo stesso fiume madre.
Ovviamente un altro dei vantaggi consta del fatto che, avendo a disposizione un ventaglio di proposte sul tavolo, si riduce il rischio d’investimento, proprio perché è possibile concentrare minori somme di capitale in un maggior numero di aziende e di investimenti, cosicché qualora ci siano investimenti che non procedono come prospettato e auspicato, si possa compensare con ricavi di investimenti che, al contrario, procedono bene.

La pratica del club deal  non è nulla di estremamente recente, bensì le prime operazioni furono effettuate nell’America del 1870, con l’obiettivo di creare una linea ferroviaria nello Stato della Pennsylvania. Le operazioni hanno continuato a svolgersi in quantità ingenti, tanto che si è arrivati a definire il periodo comprensivo tra il 2003 e il 2007 “l’era del club deal”, era che purtroppo ha subito un arresto in seguito alle indagini effettuate dall’Antitrust.
Le prime operazioni significative in Italia sono state portate avanti dal Tip, creato da Tamburi nel 2002, consentendo investimenti in quelli che oggi sono colossi come Eataly, Prysmian e Moncler.

Un altro dei vantaggi consentito da questo tipo di operazione è proprio quello di non essere investitori-abbandonati, bensì avere il conforto costante e il consulto di figure professionali, che possono discutere e cambiare le strategie di exit  in corso d’opera, consentendo di seguire il flusso di mercato e assecondare il periodo più vantaggioso per massimizzare i ricavi, elemento che definisce la sostanziale differenza rispetto al private equity.

Ovviamente il beneficiare di una struttura così delineata che vada ad operare sia come intelligence speculativa che come paracadute di sicurezza, non è priva di costi; ne consegue che lo svantaggio di un’operazione in club deal, basandosi su una rete di esperti, determinerà un minore ricavo da parte dei singoli di quanto è stato generalmente prospettato in una fase iniziale di analisi.

È un delicato gioco di equilibrio e allenamento: se non posseggo un’adeguata preparazione sportiva, difficilmente riuscirò a portare a termine l’impresa di scalare il Kilimangiaro, bensì se mi affido a un coach insieme riusciremo ad affrontare via via gli ostacoli che si porranno durante il cammino: il professionista offre le sue competenze in cambio di denaro e io beneficio delle stesse e riesco a scalare la montagna. Allo stesso modo il club deal consente anche agli investitori meno temprati ed esperti di effettuare operazioni; insomma lo scenario si apre anche alle carpe koi e non resta appannaggio esclusivo degli squali.


 

DETERMINAZIONE DEL COSTO DEL FINANZIAMENTO

By | economia-finanza | No Comments

Finanziamento a tasso zero? Sì, ma non a costo zero!
Il marketing opera un ruolo cruciale nel determinare il successo e la capacità di attrazione di un bene o un servizio, ma con la stessa facilità aumenta il rischio di possibile misunderstanding.
Quando si parla di finanziamento a costo zero si intende che non viene pagata alcuna somma necessaria all’erogazione dello stesso, ma, ciononostante, vengono comunque sopportate delle spese che sono sì collaterali, ma essenziali alla buona riuscita della procedura e della raccolta dei capitali.

Sia che ci si rivolga ad una banca, sia che ci si stia interfacciando con un fondo o con un privato, l’erogazione di un finanziamento è sempre, e senza eccezioni, subordinata alla sopportazione di alcuni costi, di occorrenza fissa ma ovviamente con entità variabile, poiché diversi sono i professionisti a cui ci si può rivolgere.

Nel momento in cui un ente si fa carico della prospettiva di erogazione di un finanziamento, comincia la pratica di indagine, di investigazione della capacità di credito, reperimento della documentazione che meglio rappresenti la situazione economico-finanziaria e debitoria della società richiedente.

Basta fare un esempio quanto più tangibile possibile: se a chiedere in prestito denaro fosse mio fratello, che conosco da una vita e di cui mi è nota la situazione economica e di redditività, sono molto più propenso a fornirglielo, piuttosto che se a chiederlo fosse uno sconosciuto la cui storia mi è, per lo più, ignota.
In questo caso sarebbe opportuno prima effettuare delle ricerche che mi certifichino l’affidabilità del soggetto in questione (e anche nel caso di esito positivo non sono da escludere possibili insolvenze dovute a imprevisti o quant’altro) e solo successivamente valutare l’effettiva possibilità di erogazione e la stipula delle modalità di attuazione.

Da ciò ne consegue che, oltre alle spese di interessi sul capitale erogato (ad esempio nel caso delle banche), vanno sostenute anche le spese di gestione del contratto, che possono essere di estinzione anticipata, qualora venga saldata in toto o in parte la cifra inizialmente erogata (vengono in questo intaccate le percentuali di interesse proprio per la conclusione ante tempo), di volture, di variazione ipotecaria, di certificazione, eccetera.

Ovvie anche sono le spese notarili, e quelle fiscali, dipendenti dal regime tributario di riferimento e, sempre frequenti, anche gli oneri che vadano a coprire i costi assicurativi qualora venga richiesta la stipula di una garanzia ipotecaria.

Nel caso di una valutazione ancora più precisa e affidabile, potrebbero essere sopportati costi di garanzia verso enti terzi che vada a rinforzare la credibilità del soggetto richiedente il finanziamento.

Ci sono vari indicatori di calcolo che possono simulare il costo complessivo dell’operazione di erogazione del credito (TEG - ovvero tasso effettivo globale e TEGM - tasso effettivo globale medio) e sono utili per comparare i costi complessivi implicati da diversi enti creditori, quali possono essere le banche.

Obbligatorie nella determinazione della stima sono: l’eventuale costo di mediazione svolta da un terzo nel reperimento del capitale, spese di istruttoria e revisione, spese di incasso rate, spese per assicurazioni, oneri per la messa a disposizione dei fondi, spese di chiusura della pratica. 

Necessario inoltre sottolineare che sono poche le aziende le cui informazioni di rating siano disponibili e affidabili, si parla di circa il 20% qualche anno fa. Ne consegue che a causa del rischio contemplato nell’erogazione del credito e la mancanza di liquidità dei titoli, l’investimento sia possibile e sopportabile solo da parte di investitori professionali.


 

FLUSSI DI CASSA

By | economia-finanza | No Comments

Qualora un’azienda si trovi in mancanza di liquidità, ha diverse alternative per sopperire a tale mancanza. È importante tenere sotto stretto controllo i flussi di cassa perché sono vitali per determinare lo stato di salute di un’impresa e per garantire la cosiddetta continuità aziendale.

Per poter intervenire con un piano di risanamento efficace è quindi essenziale puntare sul working capital, ovvero il capitale operativo, che è la somma del denaro necessario ad un’impresa per funzionare quotidianamente, e corrisponde alla differenza fra attività e passività imminenti. Le attività possono essere ad esempio la cassa, i crediti verso i clienti e le scorte di magazzino, mentre al contrario le passività sono i debiti verso i dipendenti, verso i fornitori e l’erario.

Sono dunque diverse, a seconda della particolare necessità della società, le opzioni percorribili.

Si può ad esempio anticipare il tempo di fatturazione, in modo da accelerare la tempistica di riscossione del credito, garantendo magari una scontistica a quei clienti che saldano la fattura immediatamente o prima dei canonici 30/60/90 giorni. Anche dilazionare il pagamento in più tranche è un’opzione del tutto valida.

Qualora invece il momento di carenza di liquidità sia contingente e non estremamente consistente, l’azienda può richiedere un fido per superare il divario che separa i pagamenti da effettuare e gli incassi da riscuotere.

Diverso invece se si prevede di intervenire sulle infrastrutture e i macchinari con un rinnovamento, ristrutturazione o acquisto di nuove macchine; in tal caso sarà necessaria una disponibilità liquida maggiore. In tal caso la scelta che più agevola in termini di condizioni la società è quella del finanziamento, perché non incide massivamente sulla liquidità ma consente una rateizzazione sostenibile, fermo restando anche l’importanza del calcolo del tasso di interesse.

Altra miglioria che la società può attuare è quella di una più corretta gestione di magazzino, in modo da non essere impreparati di fronte alle richieste dei clienti, ma nemmeno da essere appesantiti da uno stoccaggio eccessivo. Entrambe le prospettive sono, infatti, decisamente poco funzionali: la prima dipende o da un’incapacità di acquisto di sufficienti materie prime per soddisfare le commesse o da uno spazio che non è sufficiente a garantire le stesse, oppure da un mancato controllo e previsione degli incarichi in arrivo. L’eccedenza invece crea obsolescenza di prodotti e problemi di mancato utilizzo. L’ideale sarebbe ottimizzare le tempistiche di reintegro prodotti qualora fossero mancanti, riducendole al minor tempo possibile e una corretta gestione dei flussi degli ordini; talvolta anche richiedendo una consulenza ad un match advisory.

Qualora sia possibile è ovviamente consigliato far ricorso al pagamento a step o posticipato dei fornitori, sempre tenendo conto le spese fisse che sono stipendi, affitti, debiti e imposte.

Una corretta organizzazione e gestione di questi elementi può essere determinante non solo per costruire una credibilità aziendale a livello territoriale e non, ma può fare la differenza nella creazione di un percorso di crescita e successo per quest’ultima.