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Giugno 2021

MODIFICHE AL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA

By | economia-finanza | No Comments

Il 12 gennaio 2019 sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda il Codice della crisi d’impresa, con conseguenti interventi circa l’articolo 2086 del Codice Civile.

Nel testo precedente vi era sancito come l’imprenditore fosse a capo dell’impresa e fossero a lui sottoposti dipendenti e collaboratori. Nella nuova modifica viene resa nota l’esigenza di istituire un assetto organizzativo che svolga un controllo ed un monitoraggio costante per l’eventualità della crisi di impresa, anche nella prospettiva in cui si debba intervenire tempestivamente per il superamento della stessa e il recupero della continuità aziendale.

Ciò di fatto pone le Società a responsabilità limitata (srl) al pari delle Società per azioni (SpA), qualora venga riportato all’attivo uno stato patrimoniale di almeno 4.400.000 euro o ricavi di almeno 8.800.000 euro.
Dunque devono essere introdotti maggiori controlli, al fine di arginare, monitorare ed eventualmente meglio gestire il possibile rischio d’impresa e l’eventualità di insolvenza, facendo riferimento a strumenti come l’analisi della Centrale dei Rischi di Banca d’Italia, e via dicendo.

L’intenzione di questa modifica è quella di accordare contestualmente l’esigenza dei creditori, che puntano alla solvenza del credito nel loro confronti, da un lato, e , dall’altro, quella dell’imprenditore, che costantemente cerca di sanare la propria azienda, preservandola.

All’articolo 2086 viene quindi aggiunto un secondo comma, che così recita: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Necessario maggiore controllo quindi, che eviti situazioni potenzialmente e fattualmente patologiche che possano influire nel benessere dell’azienda.

Vi è ovviamente una fisiologica differenziazione per quanto riguarda l’intervento che l’imprenditore individuale è chiamato ad adottare, che si limita alla mera introduzione di misure che riescano a rilevare e monitorare la crisi imprenditoriale, e quelle richieste all’imprenditore collettivo, i cui provvedimenti sono orientati anche alla rilevazione della crisi, ma non esclusivamente.

Sono ovviamente previste delle sanzioni qualora le aziende non si adeguino tempestivamente alle modifiche introdotte. Si evince tuttavia che i soggetti principali della modifica dell’articolo 2086 siano solo determinati enti e soggetti, specialmente di dimensioni considerevoli.

Un’ulteriore modifica è stata apportata all’articolo 2477, sempre nei primi mesi del 2019, che resta nell’ambito di un apporto di maggiore controllo per le srl e le cooperative a responsabilità limitata. Viene esposta anche qui la necessità della nomina di un revisore unico e/o organo di controllo, che dovrà occuparsi della redazione di un bilancio consolidato, del controllo di una società che sia obbligata alla revisione dei conti e che abbia all’attivo uno stato patrimoniale di 4 milioni di euroe dei ricavi del medesimo importo.

EDUCAZIONE FINANZIARIA

By | economia-finanza | No Comments

EDUCAZIONE FINANZIARIA

Siamo portati a pensare alle canoniche materie scolastiche, come la matematica, la storia, la letteratura, le scienze.
Ma un’esigenza si fa spazio, con una crescente risonanza: l’ora di educazione finanziaria. Altrettanto importante al pari di materie sorelle, una maggiore conoscenza del sistema finanziario apporterebbe un significativo cambiamento all’approccio che i giovani hanno con le risorse a loro disposizione.
Inoltre una maggiore conoscenza e sensibilità circa l’argomento rappresenta un fondamentale obiettivo da raggiungere, non solo a livello personale, ma globale.

Ne hanno dunque compreso l’importanza Paesi come il Portogallo, la Finlandia e il Regno Unito che hanno introdotto l’educazione finanziaria nei propri programmi scolastici.
Essere coscienti e padroni di queste dinamiche consente altresì un maggiore controllo dei propri risparmi, tanto da garantire, in caso di crisi, uno scudo che sia in grado di limitare l’entità dei danni, altrimenti inestimabili.

I giovani studenti che escono dalle scuole hanno una preparazione accademica invidiabile, ma si trovano spaesati di fronte a concetti di finanza molto semplici e basilari, la materia viene vista come ostica e inconoscibile, solo perché, semplicemente, c’è carenza di informazioni e spiegazioni in merito.
E proprio la scuola, il cui obiettivo primario quotidiano è quello di fornire ai ragazzi gli strumenti con cui possano costruire un domani migliore, deve farsi carico della formazione e delle spiegazioni, in modo che si appianino le differenze e si faccia finalmente chiarezza su questa “oscura materia”.

La cultura e l’informazione sono strumenti potentissimi per essere padroni e artefici del proprio destino, a maggior ragione se gli ambiti di riferimento toccano aspetti sensibili come le finanze di cui siamo a disposizione; anche solo la tenuta del bilancio casalingo consente una maggiore consapevolezza di cosa spendiamo, come lo spendiamo e quanto, in modo tale da non restare all’oscuro e in balia di cifre che, fondamentalmente, parlano di noi e delle nostre abitudini ed esigenze.

Solo successivamente si potrebbe quindi incominciare a parlare di investimenti, attualmente relegati agli addetti del settore o agli appassionati della materia. Pratiche normalissime e d’uso e consuetudine, che andrebbero consolidate anche in Italia.
Nel nostro Paese è l’OCSE, ovvero l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che, con cadenza triennale, si occupa di verificare il livello di informazione degli adolescenti in merito alla materia finanziaria attraverso l’indagine chiamata PISA (Programme for International Student Assessment) portata avanti da oltre un ventennio.

Si parla proprio della necessità di una alfabetizzazione finanziaria, perché i dati che emergono sono critici: la consapevolezza finanziaria è più forte fra i 35 e io 45 anni, proprio perché i giovani italiani sono più “lenti” a lasciare la famiglia, e acquisiscono autonomia più tardi rispetto ai loro coetanei europei, ma una maggiore sensibilizzazione sull’argomento, unita ad un occhio critico e ad una capacità pratica di applicazione potrebbe rappresentare una sostanziale inversione di rotta nel trend stabilito.

STRIPE: UN CAVALLO CHE CONTINUA A VINCERE DA OLTRE UN DECENNIO.

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STRIPE: UN CAVALLO CHE CONTINUA A VINCERE DA OLTRE UN DECENNIO

È il 2010, ci troviamo ancora una volta di fronte a un esempio di come una realtà possibile, immaginata, diventi concreta, con le giuste accortezze e un pizzico di follia.

Due giovani ragazzi di nome John e Patrick Collison, programmatori sin da bambini e fratelli, decidono entrambi di lasciare le prestigiose scuole in cui svolgono la loro formazione: niente più Harvard e MIT, è ora di passare all’azione.
I due credono in un progetto, credono fortemente nella creazione di un API (interfaccia di programmazione delle applicazioni, ndr) innovativo, che sia al contempo semplice e intuitivo, ma in grado di processare migliaia di transazioni al secondo.

Sono i programmatori di un gateaway di pagamento che nel 2015, a pochi anni dalla progettazione, ha fatto impallidire il colosso PayPal, tanto da indurre l’azienda, insieme ad altri colossi del mercato, ad investire nel progetto.

Stripe è appunto un metodo di pagamento che consente a tutti, privati e aziende, di inviare o richiedere denaro con immediatezza e semplicità.
C’è inoltre un utile sistema di fatturazione e abbonamento che permette agli e-commerce di creare servizi personalizzati per i prodotti disponibili in vendita, come ad esempio per degli abbonamenti su servizi ricorrenti.

La percentuale trattenuta da Stripe per ogni transazione è irrisoria, persino più bassa di quella di PayPal, e l’azienda si occupa di gestire ogni processo nel corso del pagamento, dall’inizio alla fine, in modo da rendere la user experience il più fluida e controllata possibile.

La differenza fra i due colossi sta proprio nel fatto che il primo è progettato per degli sviluppatori, con funzioni anche per utenti meno esperti, quindi consente un maggiore grado di personalizzazione e inserimento all’interno del sito, mentre il secondo è più un’interfaccia per utenti base, con meno possibilità di integrazione.

Il Covid-19 ha poi dato un’enorme scossa al sistema: chiusi in casa, anche i più restii si sono dati agli acquisti online. C’è stata un’impennata senza precedenti e Stripe è riuscita a chiudere un round di finanziamento che ha sbaragliato colossi come Facebook ed Uber: ben 600 milioni di dollari, che hanno consentito all’azienda di raggiungere un valore di circa 95 miliardi di dollari.

Sono cifre da capogiro che consentono di comprendere quanto lo sviluppo del futuro sia tutto incentrato sui servizi al singolo, sulla smaterializzazione e sul paperless.


QUANTO VALE IL TUO LAVORO

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QUANTO VALE IL TUO LAVORO?

«Non è tanto quello che hai fatto, è ciò che ha prodotto quello che hai fatto a fare la differenza.»
Mi capita di discutere con alcuni professionisti, spesso colleghi, su quale sia il reale valore del servizio che produco. In queste occasioni di confronto mi piace raccontare la storia di Pietro Orlandini, credo sia il modo più chiaro per dare l’esempio di cosa voglia dire davvero la parola “Competenza”.
C’è uno sceicco arabo che arriva col suo yacht in Italia, per andare a Montecarlo. Ad un tratto il motore va in avaria e lui è costretto a fermarsi, con il suo grandissimo yacht di 60 metri, a Genova. Una volta fermi, il capitano chiama la società che ha prodotto i motori della nave e al telefono gli dicono che, per avere il pezzo di ricambio, devono aspettare 15 giorni.

Lo sceicco arabo, arrabbiatissimo, si domanda come sia possibile che a Genova non ci sia nessuno capace di fare partire il suo yacht...
Il capitano, scendendo dalla nave, inizia a parlare con altri marinai chiedendo loro se c’era qualcuno in grado di risolvere il problema. Un marinaio si avvicina e gli suggerisce di chiamare un certo Pietro Orlandini, ormai in pensione, capace di aggiustare qualsiasi motore.


Lo sceicco, venuto a sapere dell’esistenza di questo strano signore, dice al capitano di trovarlo e di riempirlo di soldi, basta che trovi un modo per far ripartire la nave!
Pietro Orlandini viene rintracciato (un vecchietto di ormai 85 anni, stile “braccio di ferro”, molto magro e spigoloso) e arriva al porto con la sua mazzetta, un grande martello, pesante e massiccio.

Il capitano gli inizia a spiegare il problema del motore, mentre lui osserva la nave, ormai tirata su a secco, da tutte le angolazioni.
Pietro inizia a toccare un po’ sulla chiglia, dà dei piccoli colpetti con la mazzetta fino a quando, in un preciso punto, ne dà uno molto più grosso.
Ad un tratto il motore della nave riparte!

Arriva subito lo sceicco chiedendo chi sia stato a far ripartire la nave... Il comandante indica Pietro Orlandini. Lo sceicco, piacevolmente stupito, chiede a Pietro quanto vuole per questa riparazione miracolosa fatta solo un colpo secco di martello.
Pietro risponde:
“10.000€ sono più che sufficienti!”

Lo sceicco si meravigliò!
“Caspita però! Pur di non aspettare 15 giorni ero disposto a spendere qualsiasi cifra ma per un colpo di martello 10.000€ non ti sembrano tanti?
Pietro risposte:
“No no no il colpo di martello costa 1 euro, gli altri 9.999€ sono per sapere dove darlo, questo colpo di martello, e sapere quando darlo”
Il punto!?
Non è tanto quello che hai fatto ma è quello che hai prodotto con quello che hai fatto che conta!

Conta il risultato, non la fatica che hai fatto per raggiungerlo.
Sei un professionista per i risultati che produci non per la fatica che metti nel lavoro che fai.
Spesso, se non viene vista dal nostro cliente la fatica e il sudore, se non dimostriamo l’enorme impegno nel fare quel determinato lavoro, ci sembra quasi di non saper giustificare le nostre fatture.
Il punto è che a valutare la capacità di un professionista dovrebbero essere i risultati, non la fatica fatta. Poco importa quanto ci hai messo per fare quello che hai fatto, evidentemente ti sei impegnato maggiormente anni prima per studiare quella nave e per sapere dove dare il colpo.
L’importante è che tu faccia ripartire la nave… sempre.


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COVID-19 E AZIENDE: UNA CRISI DILAGANTE

Non è purtroppo ignoto il fatto che il covid-19 stia mettendo in difficoltà ogni settore facente parte della ruota economica, senza risparmiarne alcuno. Aziende, persone, intere famiglie di cui prima non c’era alcuno storico di insoluti verso le banche, verso fornitori e debiti verso i dipendenti, si trovano attualmente ad affrontare il rischio di fallimento, a guardare negli occhi la possibilità di dover rinunciare a quanto è stato costruito con una vita di sacrifici, tenacia e investimenti.
Siamo in un momento in cui restare a galla è tutto e le opportunità per farlo, naturalmente, scarseggiano.

Diversi sono stati i movimenti che le organizzazioni criminali in Italia hanno cercato di attuare per offrirsi come garanti, come potenziali eroi-salvatori, a dispetto di uno Stato che non riesce a stare al passo con la situazione emergenziale attuale.
A differenza del passato, in cui le organizzazioni criminali non erano quasi mai coinvolte nel circuito dell’usura, adesso si stanno riconvertendo, nel tentativo di incanalare capitale sporco per cercare di ripulirlo, offrendosi agli imprenditori con volto amico, come possibile via di fuga dal tracollo finanziario.
Il linguaggio è tuttavia cambiato, il volto dell’usuraio non è più quello dello strozzino che chiede interessi da capogiro, bensì vengono messi pegni su immobili, vengono estorte promesse di assunzione o di acquisto di beni, per ripagare il precedente investimento di capitale.

Situazioni, queste, note perché sono in aumento i casi di denuncia, e vi è un effettivo riscontro sulla situazione vigente. Basti pensare che, stando a Banca d’Italia, sono circa 100mila le aziende a rischio fallimento sul territorio che tenteranno in ogni modo di restare vive.
Un problema, questo, che ci pone davanti l’esigenza di un ritorno alla finanza buona, quella che nasce dall’incontro di più menti che, insieme, si uniscono per migliorare il futuro e offrire servizi, persone che guardano oltre lo stato attuale delle cose e si adoperano per la realizzazione di un sogno.
Purtroppo molte banche hanno ormai negato l’accesso alla liquidità alle piccole realtà territoriali, proprio perché la spersonalizzazione galoppante ha impedito la venuta a galla delle storie locali, mentre prima i prestiti venivano ugualmente concessi ed erogati, perché la base costituente era proprio il personale rapporto di conoscenza fra il direttore della banca locale e l’imprenditore.

La parola chiave di questo periodo è la resilienza.
Cercare di restare quanto più positivi e propositivi come non mai è essenziale, proprio perché non bisogna soccombere ad una realtà che cerca di abbattere, ma bisogna trovare dentro di sé e nella propria rete la linfa vitale per continuare a costruire qualcosa di positivo.

“Nelle difficoltà tu spera,
Nelle avversità tu lotta,
nella fatica, tu resisti,
tutta l’energia che donerai al mondo,
ti sarà restituita moltiplicata.
Credimi!”
(Stephen Littleword)